venerdì 1 aprile 2016

Naming: chiamereste così la vostra panetteria?

In un post di un po' di tempo fa (lo potete leggere qui), vi avevo parlato dell'importanza del naming per un'attività produttiva.
Ecco come hanno come hanno chiamato una panetteria nelle Filippine (ma nomi simili sono presenti anche in altre parti del mondo).

Bread Pitt, Filippine
(Grazie a Marco P. per la segnalazione!)

A proposito di panetterie, mi sono imbattuta in "Vado e forno" (Reggio Emilia). Che ne pensate?
Qualcuno vuole cimentarsi nel trovare un ipotetico payoff per Bread Pitt? Attendo i vostri commenti!



sabato 12 marzo 2016

Tutti connessi? La digital audience di gennaio 2016



È proprio vero che siamo sempre connessi alla rete? Quali sono i dati relativi alla digital audience? Ce lo spiega Audiweb, con i dati relativi alla navigazione in rete per il mese di gennaio. 

Un italiano su due è in rete (bambini inclusi)


Il primo dato che emerge dal report Audiweb è il numero di persone connesse alla rete. Nel primo mese dell'anno sono stati infatti 28,7 milioni gli utenti online, pari a più della meta degli italiani (neonati inclusi).
Il secondo dato importante riguarda il numero di ore che passiamo connessi alla rete, da qualsiasi tipo di dispositivo. In media ognuno di noi ha trascorso 47 ore connesso alla rete. In pratica è come se due giorni del mese siano stati trascorsi esclusivamente online!
La navigazione non è però suddivisa equamente tra i diversi dispositivi; a farla da padrone sono i dispositivi mobili, con un tempo per persona pari a quasi 44 ore, contro le 14 ore di navigazione dai PC.

Il profilo del navigatore medio


Quali sono le caratteristiche del navigatore? 
Considerando tutti i dispositivi utilizzati, sono i ragazzi nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni a passare maggior tempo in rete, seguiti a breve distanza da coloro che hanno un'età compresa tra i 25 e i 34 anni. Rispettivamente queste due fasce di età hanno trascorso in rete in media 2 ore e 31 minuti e 2 ore e 13 minuti.
Interessante è anche osservare le differenze tra navigatori di genere diverso: a gennaio sono state le donne ad essere presenti in rete per più tempo, con una media di 2 ore e nove minuti, contro l'ora e cinquantuno minuti dei maschi. 
Per quanto riguarda invece i dispositivi, sia uomini sia donne hanno utilizzato maggiormente quelli mobili per la navigazione.


Dove navighiamo?


Per quanto riguarda infine l'oggetto della navigazione in rete sono i siti di ricerca a farla da padrone con 26,4 milioni di utenti a gennaio, seguiti dai portali generalisti (25,8 milioni). E i social network? occupano il terzo posto in classifica con 24,9 milioni di utenti. nonostante siano al terzo posto per numero di utenti, sono però i social a detenere il record di tempo trascorso in rete: 13 ore e 52 minuti in media a testa.

E voi vi rispecchiate in questo profilo? 






mercoledì 2 marzo 2016

Torturatelo - sui limiti della comunicazione



Avete presente lo spot della Wind, quello in cui il comico Panariello interpreta un agente segreto? Nei giorni scorsi la compagnia telefonica si è vista costretta a ritirare una pubblicità della serie. Nello spot in questione Panariello veniva costretto a parlare dopo essere stato legato ad una sedia. All'improvviso una voce fuori campo ordinava: "Torturatelo!".

Cattivo gusto o mancanza di limiti nella comunicazione?


Dopo le proteste di alcune associazioni che si occupano del tema della tortura, come Amnesty International, Articolo 21 e Antigone, la compagnia telefonica ha deciso di ritirare lo spot da tutti i mezzi sui quali era stato programmato o diffuso, Facebook e Youtube inclusi.
Quello che mi ha colpito di questa vicenda non è solo il pessimo gusto della messa in onda di uno spot che non considera la tortura nella sua gravità, soprattutto a poca distanza dalla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato a morte in Egitto.
Anche se già la concomitanza con fatti di cronaca così tragici avrebbe potuto essere sufficiente per sospendere o per lo meno mettere in discussione lo spot, ciò che mi colpisce davvero è la scelta della tematica e la leggerezza con la quale si è deciso di utilizzarla per uno spot pubblicitario.

Non so se si tratti davvero di semplice leggerezza da parte di chi ha ideato lo spot; piuttosto temo invece che molto spesso la logica che sta dietro a scelte di comunicazione non consideri affatto la delicatezza di certi temi o di quanto alcuni argomenti possano colpire le sensibilità individuali.

La difficile scelta del limite


Il caso dello spot Wind ha suscitato clamore ed è stato ripreso da molte fonti di informazione. Per puro caso nello stesso giorno in cui montava la polemica, mi sono imbattuta in alcune proposte di naming per un progetto di formazione su una patologia molto grave. Cosa ho scoperto? Di nuovo, troppa leggerezza. Naming e payoff ironici per un progetto sulle patologie tumorali e sui trapianti. Purtroppo non posso riportare gli esempi a cui faccio riferimento; ciò che mi sono chiesta è però fino a che punto la creatività possa spingersi, senza urtare le diverse sensibilità. A mio parere dipende dal tema che si tratta, ma ognuno di noi dovrebbe avere una visione anche etica della comunicazione, che purtroppo molto spesso manca. Certo non è sempre facile non urtare le sensibilità individuali, soprattutto per tematiche controverse...ma la tortura in uno spot no! Fail Wind, fail.

E voi cosa ne pensate?


 


giovedì 25 febbraio 2016

Twitter #petaloso: quando un hashtag diventa virale?

Fiori petalosi con api (monte Cimone, MO)

Oggi avrei voluto parlarvi di Twitter e delle top campaign di gennaio, ma poi mi sono imbattuta in questa storia e non resisto a non scriverne. Non preoccupatevi però, delle top Twitter campaign parlerò nel prossimo post! Sempre del social con l'uccellino blu parlerò, ma per raccontarvi di una parola che è schizzata negli hashtag di tendenza in pochissimo tempo: petaloso.


E Twitter diventò #petaloso


Lo so, petaloso non è una parola corretta in italiano, e il dizionario di blogger me lo ricorda di continuo sottolineandola in rosso. Ma potrebbe diventarlo. La storia dell'aggettivo petaloso nasce in una classe terza elementare della provincia di Ferrara, dove il piccolo Matteo (no, non c'entra niente con l'omonimo più grande che ci governa) in un esercizio di italiano crea, suo malgrado, il nuovo aggettivo. La maestra lo corregge come errore, ma lo giudica un "errore bello" e decide di sottoporre il termine all'autorevole Accademia della Crusca. E l'Accademia risponde, con una lettera a misura di bambino che è un esempio di come la padronanza della lingua italiana permetta di utilizzare il registro più adatto per ogni interlocutore. Fino a qui la storia, che a ben guardare sarebbe stata adatta per un articolo di cronaca locale. Se non fosse che viene diffusa sui social, e su Twitter diventa in pochissimo tempo virale, al punto di occupare i primi posti degli hashtag più utilizzati per molte ore.

Perché un hashtag diventa virale?


Non è di certo la prima volta che un hashtag diventa inaspettatamente virale. Ecco perché a mio parere petaloso lo è diventato, e così in fretta. Innanzitutto la storia coinvolge un bambino, che insieme a cani e "gattini pucciosi" sui social va sempre bene. Secondo interprete della storia è un'istituzione autorevole e per molti lontana come l'Accademia della Crusca. Avrei pensato che per molti utenti di Twitter e Facebook parlare di Crusca significasse evocare "naturale regolarità", bifidus e affini, ma se non è così, tanto meglio per la nostra meravigliosa lingua.
Ok, sto divagando. Dicevo che da soli i due protagonisti ben si prestano ad una piccola favola dei tempi moderni. Se poi aggiungiamo un'aiutante, la maestra Margherita dai capelli azzurri, ecco un mix perfetto che ha funzionato a dovere. 
Petaloso è diventato virale e nessuno, maestra compresa, si sarebbe aspettato un successo tale. Ecco ancora una volta una dimostrazione di quanto abbiamo bisogno di storie, soprattutto coinvolgenti e positive, come d'altronde lo storytelling da tempo ci ha abituati a considerare.

Non so se petaloso entrerà ufficialmente nel dizionario della lingua italiana.
Ma dai, lasciatemelo usare.



C'è un fiore che si posa
su una rosa petalosa.
In fondo la felicità
è una piccola cosa.

[semicit. Trilussa]









martedì 23 febbraio 2016

Naming: quando un nome può dirsi un bel nome?

Naming: il mio nome è...difficile da scegliere!


Quante volte hai sentito dire che il nome è il primo biglietto da visita di una persona (insieme al sorriso)? Moltissime immagino. Lo stesso vale per un negozio, un servizio, un prodotto, un'azienda...insomma, è vero proprio per tutto.

Naming: semplice da ricordare ma difficile da scegliere


Quanto sia difficile scegliere un nome lo sa bene chi sta per diventare genitore. Quanto tempo passa prima di scegliere il nome davvero giusto? Passando al naming di un brand o di un prodotto invece, quello che tutti i clienti chiedono quando si tratta di scegliere un nuovo nome è che sia facile da ricordare, breve, semplice ma unico e d'effetto. Magari come Amazon o Google. Ai cliente verrebbe da rispondere: mettetevi il cuore in pace, questi due sono già stati scelti.
Poi inizia il difficile (ma divertente per me) processo di ricerca, verifica e confronto. Ok, ma non è esattamente di questo che vorrei parlarti in questo post.
Sarà deformazione professionale, ma ogni volta che incontro un nome divertente non posso fare a meno di sorridere e di complimentarmi mentalmente con chi l'ha ideato. Lo stesso faccio con quelli che proprio non si possono leggere o sentire!

Ora tocca a te: quali sono i nomi più belli (e più brutti) che hai incontrato?


Adesso però tocca a te; se ti va inviami via mail, messaggio o messaggio in bottiglia (no, la modalità piccione viaggiatore non è valida, copy in officina è un blog animal-free!), i nomi di negozi, marchi, aziende ecc. più azzeccati, più brutti, più divertenti che hai incontrato o creato. Li pubblicherò e li commenteremo insieme.
Inizio io: un nome che mi ha davvero fatto sorridere è “Mutanderos”, negozio di intimo a Pavullo (MO). Facilissimo capire cosa vende, non trovi?
Ne avrei in mente almeno un altro paio ma adesso tocca a te!

Naming: insegna di un negozio di intimo di Pavullo (MO) 








venerdì 19 febbraio 2016

Radio: quali sono le più ascoltate?

La radio si conferma un media molto apprezzato dagli ascoltatori italiani: lo confermano i dati Radiomonitor resi noti da Gfk relativi ai dati di ascolto annuali 2015.
Il primo dato che emerge è il numero di radioascoltatori: più di 35 milioni di italiani hanno ascoltato una trasmissione nel giorno medio; questo significa che più di un italiano su due ascolta ogni giorno la radio (in media).

Interessante è anche il confronto del dato di ascolto complessivo 2015 rispetto al 2014: secondo Radiomonitor infatti il numero di ascoltatori è aumentato di 700.000 unità (+2,1%).

Le radio più amate dagli ascoltatori: la top 10


Quali sono le emittenti più amate? nel 2015 al primo posto si conferma RTL 102.5 con un ascolto medio di 6,8 milioni, sostanzialmente pari rispetto all'anno precedente.
Al secondo posto della classifica troviamo invece Rds, con una media di 4,7 milioni di ascoltatori al giorno. Segue a breve distanza radio Deejay che si attesta sui 4,6 milioni di ascoltatori giornalieri.
Bisogna scorrere la classifica fino al sesto posto per trovare la prima delle reti radio Rai, Radio 1, che con 4,2 milioni di ascoltatori si posiziona dopo Radio Italia e radio 105
Settimo posto per la seconda delle emittenti radio Rai, con tre milioni di ascoltatori, seguita da Virgin Radio e Radio24, rispettivamente con 2,3 e 1,9 milioni di ascoltatori. Ultima classificata della top 10 è radio Kiss Kiss con 1,8 milioni di ascoltatori nel giorno medio.


2015 vs 2014: gli ascoltatori cambiano frequenza?


Di fronte ad un numero di ascoltatori in crescita, diverse emittenti hanno variato in misura importante il numero dei propri ascoltatori. La variazione percentuale più elevata è stata registrata da Radiomonitor per Radio 2 e Radio 3, con una crescita del 6,9%. Il 6,1% di radio Kiss Kiss è il secondo dato più elevato, seguito dalla prima delle reti Rai, con una crescita del 6,0%.
Secondo i dati pubblicati, la radio che invece ha perso il maggior numero di ascoltatori è Radio Padania, con un calo del 10,1%. La radio è infatti passata da 119.000 ascoltatori a 107.000, numeri che la posizionano comunque ben lontana dalle radio più ascoltate in Italia e oggetto di monitoraggio da parte della ricerca citata.

Ecco una tabella riassuntiva dei dati citati (in migliaia, quindi aggiungi .000).

Ascolto radio 2015 vs 2014 (Dati Gfk Radiomonitor)

E tu ascolti la radio? Se ti va, commenta qui di seguito.




 





mercoledì 17 febbraio 2016

Benvenuti su copyinofficina: il blog

Benvenuti su copyinofficina: il blog

Benvenuti su copyinofficina: il blog. Un blog che vuole essere lo spazio per il mio, e per il vostro, punto di vista sulla comunicazione, nei suoi più diversi aspetti. Parlerò di dati di ascolto, di copywriting, di content writing, di naming, dando spazio anche a social network e pubblicità...e a tutto quello che mi colpirà in quel determinato momento!

Il blog è aperto a commenti, consigli sugli argomenti di vostro interesse, domande e a qualsiasi cosa vogliate dirmi (commentate sotto i post o usate il modulo di contatto se volete una risposta diretta). 
Verrà aggiornato senza una periodicità fissa, quindi restate sintonizzati per non perdervi nulla!

Pronti alla partenza? A breve per il primo post.

ps: se vi piacciono i miei post, diffondeteli!